La raccolta consiste in 38 manifesti, la maggior parte realizzati nel 1969 a Bologna. Infatti, oltre una trentina risultano essere stati realizzati in quell'anno: o per esplicita indicazione, o perché per i contenuti e la grafica si possono sicuramente ritenere prodotti nel 1969. Il manifesto più remoto è invece stato realizzato nel 1967 dal gruppo milanese Falcemartello. Quello più recente è del 1987, si tratta della rivista ProvocAzione, realizzata da un collettivo studentesco bolognese. Vi sono poi un manifesto del 1972 dell'Unione studenti iraniani a Bologna ed uno del 1971 o 1972, relativo alla settimana internazionale di solidarietà con l'America latina. Infine, un paio di manifesti sono di incerta datazione, ma presumibilmente del 1968. I manifesti prodotti nel 1969 sono il corpus centrale della raccolta. Essi costituiscono una testimonianza dell'attività di Elio Carletti, che li ha raccolti, quando era studente a Giurisprudenza e partecipava alle attività del movimento studentesco e poi a Potere operaio. Inoltre, questi manifesti riescono a darci molte informazioni sulla situazione dell'epoca di una generazione di giovani studenti ed operai che iniziava il proprio impegno sociale e politico. Consideriamo infatti chi ha prodotto questi manifesti e quali sono le tematiche in essi trattate.
Una decina di manifesti sono del centro stampa del movimento studentesco dell'università di Bologna, qualche altro da sigle come "Centro stampa avanguardie operai e studenti" o "operai – studenti uniti nella lotta". Molti non sono firmati, ma lo stile grafico ed i contenuti fanno ritenere che si tratti di manifesti realizzati nell'ambito del movimento studentesco e dei nascenti gruppi politici dell'estrema sinistra, come Lotta continua e Potere operaio.
Per quanto riguarda la grafica, viene immediato paragonarli ai manifesti realizzati nel maggio 68 dall'Atelier populaire des Beaux arts di Parigi: hanno in comune le immagini stilizzate, i concetti espressi con poche parole o brevi frasi. Ne risulta uno stile comunicativo che mira ad attirare l'attenzione del lettore, a spingerlo a riflettere ed a schierarsi. "Lotta di classe, rivoluzione", "Crumiro servo", "La classe operaia all'attacco contro i padroni e i suoi servi", sono alcuni dei messaggi veicolati dai manifesti. Si tratta di messaggi volutamente essenziali, che nella loro stringatezza riescono a fornire a chi li legge una visione del mondo, basata sulla contrapposizione di interessi contrastanti: da una parte borghesi, imperialisti, revisionisti, burocrati, dall'altra operai, studenti, popolazioni in lotta. Un'idea della società ed un programma politico efficacemente espressi graficamente dal manifesto in cui la forza degli operai e degli studenti, rappresentata da un pugno, incrina un edificio che rappresenta la struttura sociale e politica, dominata da confindustria e governo ed i cui pilastri sono magistratura, polizia, chiesa, Rai e, essendo a Bologna, anche il Resto del Carlino non poteva mancare nell'immaginario collettivo degli studenti del '68.
Con la loro sinteticità, questi manifesti riescono ancora oggi ad essere indicativi del clima politico e sociale dell'epoca che coinvolgeva molti studenti e giovani lavoratori di Bologna, peraltro non dissimili dai coetanei nel resto d'Italia. Questi manifesti ci raccontano delle occupazioni e dei cortei degli studenti, delle lotte aziendali nelle fabbriche, e della ricerca di unità tra le rispettive lotte: "organizziamo la lotta nelle scuole e nelle fabbriche" e "operai – studenti, uniti si vince".
Gli argomenti trattati dai manifesti sono quelli dell'attualità politica dell'epoca, sia nazionale che internazionale. Erano gli anni della guerra in Vietnam, delle lotte anticoloniali, della lotta dei palestinesi. Gli Stati Uniti di Nixon erano il principale oppositore di tutte queste lotte, fino all'impegno diretto dei marines contro i vietcong. La visita di Nixon in Italia, nel febbraio 1969, è una occasione imperdibile per manifestare la propria opposizione alla politica estera statunitense, sentendosi parte della stessa lotta che si svolge in paesi lontani. "Noi non abbiamo fucili per accogliere degnamente Nixon", ovvero la lotta in Europa si svolge con modalità diverse da quelle dei vietcong o dei fedayn, ma si tratta di diverse espressioni della medesima lotta: "Il rifiuto della pace sociale e della tregua nelle fabbriche è un fucile in più per i palestinesi".
Ad avvenimenti della politica bolognese fanno riferimento alcuni manifesti, come quello che ricorda Bologna come "città antifascista" e chiede la messa fuorilegge del Msi. Oppure quelli realizzati in occasione del processo ad 8 operai e studenti arrestati per un picchetto all'azienda Longo.
Gli argomenti di politica italiana di cui trattano i manifesti sono inerenti alle lotte studentesche ed operaie. "La scuola dei padroni", "Il costo dello studio è un furto", "No al cottimo, no alla nocività", "40 ore pagate 48", "1969, offensiva operaia". Gli avvenimenti di politica nazionale sono anch'essi relativi alle lotte studentesche ed operaie, come quelle di Pisa in cui morì lo studente Cesare Pardini (ucciso da un lacrimogeno il 27 ottobre 1969), o il nono congresso nazionale del Pci, svoltosi proprio a Bologna nel febbraio 1969: "A congresso burocratici revisionisti a garantire la pace borghese, nelle fabbriche operai a sostenere la lotta di classe". Anche qui, un giudizio molto netto, da cui deriva la scelta, da parte di Elio Carletti come di tanti altri giovani, di fondare nuove organizzazioni politiche, scelta che avviene in seguito alle mobilitazioni studentesche del 1968 ed a quelle dei lavoratori del 1969. Nell'estate 1969 si sono formati gruppi politici come Lotta continua e Potere operaio. Uno dei manifesti attesta un momento importante nella formazione di questi gruppi: l'assemblea operaia e studentesca tenutasi a Torino in luglio, a cui forse partecipò lo stesso Carletti.
I manifesti di questa raccolta riescono dunque ad essere una testimonianza efficace sull'immaginario dei giovani sessantottini, sulle loro vicende e scelte politiche.
Fabrizio Billi - Archivio storico della nuova sinistra "Marco Pezzi".
Elio Carletti (Rimini 25 novembre 1945 - Bologna 29 aprile 2020) è stato avvocato e docente universitario. Iscrittosi alla Facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo bolognese nel 1964, aderì al Movimento studentesco a partire dal 1967, anno della prima occupazione della facoltà di Giurisprudenza; nel 1969 entrò in Potere operaio e partecipò a Torino alle lotte operaie dell’autunno caldo. Assegnista presso la cattedra di Diritto penale dell’Università di Bologna, proseguì il suo impegno politico partecipando alle lotte dei precari che nel 1977 animarono l’ateneo di Bologna. Nella notte dell’11 marzo 1977 fu incaricato dal Collettivo Politico Giuridico di accompagnare, assieme alla avvocata Maria Virgilio, il fotografo Piero (Bubu) Casadei per fotografare i fori dei proiettili sparati dalle forze dell’ordine in via Mascarella nello scontro in cui perse quel giorno la vita Francesco Lorusso. (La foto che ritrae Elio Carletti fu scattata dal fotografo Piero Casadei nel suo laboratorio alle h. 1,30 del 12 marzo 1977)
Il far parte della Scuola Penalistica Bolognese che si era costituita attorno alla figura di Franco Bricola, con il quale si laureò, gli consentì di trasferire sul piano del diritto la sua passione politica. La scuola bolognese lavorava in quegli anni alla costruzione di un nuovo diritto penale capace di recepire le trasformazioni in atto nella società; la rivista La Questione criminale, fondata nel 1975 e a cui collaborò, ne fu l’espressione. Grazie ai rapporti internazionali intessuti dalla scuola, Elio Carletti si legò dal 1974 al gruppo dei giuristi francesi che avevano fondato nel 1973 la rivista Actes. Cahiers d’action juridique bimestriels, luogo di elaborazione di un diritto militante che avrebbe dovuto sostituirsi al formalismo della cultura giuridica tradizionale. Al loro fiancò si occupò nel 1977 dei rifugiati che lasciarono l’Italia alla fine del movimento del ’77. (La seconda foto riprende Elio Carletti mentre sfila in un corteo a Parigi nel giugno 1977 assieme a Patrizia Faccioli, ricercatrice di sociologia ed ex-militante di Potere operaio). In quello stesso anno una parte del gruppo di Acts fondò Déviance et société, rivista di impianto più accademico, del cui comitato scientifico Elio Carletti fece parte assieme ad Alessandro Baratta e Franco Bricola. I rapporti con la Francia proseguirono negli anni successivi e dal 2008 al 2016 tenne un corso di Diritto penale italiano presso l’Università di Nanterre, nel quadro delle lauree congiunte tra quell’università e la facoltà di Giurisprudenza di Bologna.
Lasciatosi alle spalle dopo il 1977 la politica attiva, Elio Carletti non smise di interessarsi alla realtà dei movimenti, come dimostra la sua collezione di manifesti, iniziata nel 1967 e conclusasi nel 1987. Docente di diritto penale commerciale nell’ateneo bolognese, si dedicò con passione alla formazione dei giovani giuristi esercitando con altrettanta dedizione la professione forense. Come avvocato scelse di esercitare nel campo del diritto commerciale, specializzandosi nel diritto delle società. Quella scelta, come è stato osservato nel convegno “Il diritto penale che fu fallimentare”, che l’Associazione Franco Bricola gli ha dedicato a un anno dalla morte, è stata solo apparentemente in contraddizione con la sua storia. Egli è stato infatti capace di trasferire in un settore giuridico così tecnico quale è il diritto commerciale, quella passione politica che lo ha accompagnato per tutta la vita, dando luogo a un felice connubio.
L’impegno ha contraddistinto anche l’altro grande amore della sua vita, il mare. Impegno sportivo nella vela, praticata dall’adolescenza anche a livello agonistico, e impegno nel diritto dello sport. Dal 1984 al 2001 è stato membro e poi presidente della Commissione disciplinare della Federazione italiana della vela; dal 2001 al 2014 è stato il Procuratore federale della FIV; dal 2015 è stato membro della Commissione Federale di Garanzia.
Maria Malatesta