FONDO FOTOGRAFICO FILIPPO D'AJUTOLO

Consistenza e tipologia del fondo. Il fondo comprende 1888 documenti così suddivisi: 857 fotografie positivi su carta formati vari da 6x9 a 24x30, 296 diapositive formato 24x36, 735 negativi di cui 709 in poliestere formato 24x36 e 26 negativi su lastra di vetro formato 6x9.
Le fotografie sono pervenute in buste da noi successivamente numerate. Per motivi di riservatezza ed opportunità si è deciso di non pubblicare le 73 fotografie contenute nella busta 13 denominata dall'autore "Morti ammazzati 1945. Giustiziati della Resistenza ‘43-'45. Medicina Legale".
Le immagini ritraggono i corpi di partigiani sottoposti a torture, ripresi come erano quando arrivavano e successivamente come apparivano dopo essere stati lavati e ricomposti da Giulio Gherardi, barbiere e custode dell'obitorio, che ha sempre assistito D'Ajutolo in questa triste operazione. Per una informazione più completa si rimanda al testo: Carlo D'Adamo e William Pedrini, Un passato che non passa, Bologna, Pendragon, 2012.
In archivio, previa autorizzazione, è possibile consultare l'album fotografico denominato "Documentario fotografico di una parte delle vittime del brigantaggio nazifascista a Bologna 8-9-43 21-4-45". Sempre previa autorizzazione è possibile consultare la digitalizzazione della busta 13.
La scansione è stata effettuata rispettando l'ordine in cui le fotografie sono pervenute.

Provenienza. Il fondo è stato depositato presso l'Istituto per la Storia e le Memorie del Novecento Parri E.-R. dalla nipote di Filippo D'Ajutolo, Maria Longhena, su suggerimento di Carlo D'Adamo e William Pedrini, autori della pubblicazione già citata.

Argomento. La raccolta comprende immagini che documentano momenti importanti della vita di Bologna: i bombardamenti che fra il luglio 1943 e l'aprile 1945 causarono grande distruzione e numerosi morti tra i cittadini, le fughe con ogni mezzo di trasporto durante i tanti allarmi, la desolazione dei cittadini davanti alle macerie, l'assassinio di Giovanni Casoni, la distruzione della stazione ferroviaria e finalmente l'entusiasmo della popolazione per la Liberazione.
Una menzione particolare merita l'immagine della famosa R che comprovò la presenza del radio nella cantina di Filippo D'Ajutolo, dove era stato nascosto per sottrarlo alle mire dei Tedeschi che volevano appropriarsene.
Il fondo comprende poi numerose immagini delle strade più caratteristiche di Bologna, comprese le vie d'acqua allora facilmente accessibili. Una consistente sezione riporta immagini di manifesti del periodo di guerra.
La presente digitalizzazione contiene la fotografia della suddetta "R" insieme ad una fotografia di Filippo D'Ajutolo [FDA_00388; FDA_00389], entrambe predisposte per la pubblicazione su "Resistenza oggi 1995".
Dai titoli attribuiti da Filippo D'Ajutolo alle buste contenenti le fotografie ricaviamo l'elenco degli argomenti oggetto di rappresentazione:
Bombardamenti
Bologna scomparsa;
Manifesti di guerra;
Canale di Reno;
Po' di Mesola (1937);
Liberazione: arrivano gli alleati;
Certificati per il lavoro svolto all'Opera Nazionale Fascista;
Riproduzione di fotografie della vecchia Bologna

Estremi cronologici.

Dal 1922 agli anni '70 circa.

Storia dell'utilizzo dei documenti.

Il fondo è stato utilizzato per la pubblicazione dei seguenti volumi:
Filippo D'Ajutolo, testi di Franco Manaresi, con un racconto di Loriano Macchiavelli, Bologna Ferita. Fotografie inedite 1943-1945, Bologna, Pendragon, 1999;
Filippo D'Ajutolo, Album fotografico di un bolognese, Bologna, Pendragon, 2002;
Filippo D'Ajutolo, con testi di Franco Manaresi, Bologna ferita, le devastazioni dei bombardamenti nello straordinario reportage fotografico di Filippo D'Ajutolo, Bologna, Pendragon, 2006;
Carlo D'Adamo, William Pedrini, prefazione di Adolfo Mignemi, Un passato che non passa. Il documentario fotografico di D'Ajutolo e Parisi, Bologna, Pendragon, 2012;
50 pesanti incursioni: mezza città colpita, in Resistenza oggi, Bologna, ANPI provinciale, 1984, pp. 145-154;
G.B. (Giuseppe Brini), Bologna 1943-1945, in Resistenza oggi, Bologna, ANPI provinciale, 1985, pp. 45-64;
Ecco la prova del "Radium", in Resistenza oggi, Bologna, ANPI provinciale, 1988, pp. 157-186;
Sergio Soglia, L'insurrezione dilaga da Bologna a tutta l'Emilia, in Resistenza oggi, 1990, n. 1, pp. 4-7;
Quel radio nascosto in San Vitale n. 57, in Resistenza oggi, Bologna, ANPI provinciale, 1995, pp. 63-66;
Sergio Soglia, Sabato 21 Aprile '45: grande festa popolare, in Resistenza oggi, Bologna, ANPI provinciale, 1995, pp. 113-114;
I giornalisti bolognesi nella bufera fascista, in Resistenza oggi, Bologna, ANPI provinciale, 1995, pp. 115-119;
50 gravi bombardamenti sulla nostra città, in Resistenza oggi, Bologna, ANPI provinciale, 1995, pp. 173-216;
Le immagini dei corpi dei partigiani sottoposti a tortura sono state utilizzate per redigere l'albo fotografico dal titolo Documentario fotografico di una parte delle vittime del brigantaggio nazi-fascista a Bologna 8-9-43 – 21-4-45, inviato nel 1945 al CLN e a Ferruccio Parri, affinchè lo utilizzassero come documento sui crimini del fascismo repubblicano.
D'Ajutolo Filippo, da Giovanni e Gilda Vivante; n. il 24/01/1902 a Bologna; ivi residente nel 1943. Medico chirurgo. Cognato di Mario Jacchia, notoriamente antifascista, aderì al movimento di GL. Con il cognato, Massenzio Masia, Armando Quadri, Pietro Crocioni, Luigi Zoboli, Mario Bastia, Ferdinando Rozzi, Romolo Trauzzi, fece parte, durante la lotta di liberazione, del gruppo dirigente ed esecutivo del PdA di Bologna. La sua abitazione in via S. Vitale, 57 fu una delle sedi delle riunioni clandestine del gruppo azionista, che si tennero, inoltre, nella casa di cura dove aveva il suo ambulatorio, situata tra via Torleone e via Broccaindosso, che «per le molte uscite di cui poteva disporre attraverso case e casupole adiacenti, offriva maggiori possibilità di scampo nel caso di perquisizioni o dei non infrequenti rastrellamenti della polizia repubblicana».
Con Mario Bastia e la sorella Maria D'Ajutolo, ebbe un ruolo di primo piano nel portare a compimento l'azione «con la quale fu sottratto alla razzia dei tedeschi il radium dell'Istituto Radiologico dell'Università di Bologna», una delle iniziative «di maggiore risonanza, se non di maggiore importanza» della resistenza bolognese, ideata da Massenzio Masia, poi attuata per incarico del CLN dal gruppo azionista, noto per le sue «azioni spericolate». D'altronde, un'azione ad alto rischio e delicatissima, specie per la pericolosità e il valore economico del materiale, non poteva avere che protagonisti persone affidabili dal punto di vista delle competenza professionale e dell'insediamento sociale. Le ragioni dell'operazione, come le sue fasi di attuazione, furono molteplici, a cominciare dal giugno 1944, quando Masia riferì al gruppo dirigente azionista dell'intenzione, poi in parte attuata, dei tedeschi di requisire e asportare, in sostanza con la compiacenza del rettore dell'università Francesco Coppola, «l'intero quantitativo del preziosissimo ed allora insostituibile materiale (oltre un grammo) che ne costituiva la dotazione [dell'Istituto del Radio dell'ospedale S.Orsola], in quell'epoca una delle più cospicue d'Italia e forse anche del mondo». Allo «stupore» e allo «sdegno» suscitati dall'idea «che potessero essere preda di guerra materiali ospedalieri destinati alla cura dei malati», si unì la preoccupazione che la requisizione del radium potesse essere collegata «alle misteriose 'armi nuove'», non disgiunta da quella concernente i rapporti tra le componenti politico-sociali operanti nella resistenza. Assunta la decisione, Filippo D'Ajutolo svolse un ruolo in ognuna delle tre fasi esecutive dell'operazione.
Nella seconda metà di giugno 1944 incontrò Giovanni Ferdinando Gardini, aiuto nell' istituto del radio, per informarlo dell'iniziativa in corso. Questa fase venne poi conclusa da Mario Bastia. Con Romolo Trauzzi riuscì a trovare rifugio al direttore dell'istituto GianGiuseppe Palmieri presso la residenza del conte Filippo Cavazza a S. Martino dei Manzoli (Minerbio), Infine, provvide alla custodia del radium, dal 24/7/44, quando Mario Bastia «potè ottenere la consegna dei 503 milligrammi [...] riposti in due piccoli contenitori di piombo e il barattolo contenente gli astucci in metalli preziosi», al 7/8/44, quando venne sepolto nella cantina della sua abitazione, riuscendo così a salvare il prezioso materiale fino alla conclusione della guerra. Naturalmente, fu consapevole che «l'incombenza della custodia di quel tesoro [...] non era impresa di poco momento, poiché la radioattività che ne emanava anche attraverso lo strato di piombo dei contenitori era fortissima, tanto da rendere chiaramente luminoso uno schermo radioscopico al platinocianuro di bario accostatovi e quindi — a parte il grande pericolo per le persone — avrebbe potuto facilmente rivelarne la presenza a molte decine, probabilmente anche a centinaia di metri di distanza nel caso di indagini da parte di ricercatori che — informati da qualche non impossibile indiscrezione e muniti di apparecchi rivelatori — fossero passati nelle vicinanze anche non immediate della cantina».
Dopo l'arresto dei maggiori esponenti del PdA (vedi Massenzio Masia), avvertito tempestivamente da Bastia, l'8/9/44 riuscì a sfuggire alla cattura. Rifugiatosi nella zona di Serramazzoni (MO), collaborò con i resistenti del luogo, tra l'altro curando «con molto affetto» Osvaldo Clò. Rientrato a Bologna all'inizio del 1945 cambiò continuamente domicilio, mentre la sua abitazione subì varie perquisizioni. L'8/5/45, con una «cerimonia ufficiale» voluta dal rettore Edoardo Volterra, il quale ritenne si dovesse dare all'avvenimento un preciso e definitivo contenuto giuridico — l'atto notarile redatto dal notaio Edoardo Pilati —, provvide alla consegna del radium ai legittimi proprietari. Riconosciuto partigiano con il grado di sottotenente nel CUMER dal 15/9/43 alla Liberazione. Venne designato dal PdA a far parte della deputazione provinciale nominata dal CLN e dal Governo Militare Alleato (AMG). Gli è stata conferita la croce di guerra al valor militare, con la seguente motivazione: «Ufficiale medico di complemento sin dai primi giorni della resistenza disimpegnava con perizia e coraggio il servizio sanitario a favore delle locali formazioni partigiane organizzava la raccolta di informazioni, armi e munizioni e fondi per la costituzione di nuove unità partigiane. Con gravissimo cosciente rischio personale sottrasse alla preda nemica il radium dell'Università di Bologna e lo tenne nascosto fino alla liberazione». Testimonianza in RB3. [A]. Deceduto a Bologna il 23 ottobre 1998.
 
D'Ajutolo Maria, da Giovanni e Gilda Vivante; n. il 16/1/1896 a Bologna; ivi residente nel 1943. Laureata. Sorella di Filippo, con lui convivente nell'appartamento di via S. Vitale, 57, ne condivise gli ideali, partecipando attivamente alla sua attività cladestina. Offrì asilo e assistenza ad esponenti della lotta di liberazione ricercati; nascose documenti. Il 7/8/44, dopo avere seguito tutte le fasi precedenti dell'operazione, con il fratello e Mario Bastia, provvide a seppellire il radium nella propria cantina. Rimasta a Bologna dopo la fuga del fratello, dal settembre 1944 all'aprile 1945, nonostante le perquisizioni periodiche subite nella sua abitazione, riuscì a mantenere segreta la presenza del prezioso materiale nascosto. Denunciò pure per evitare le indagini, o sviarle, la misteriosa scomparsa del fratello. Visse le sofferenze della sorella Ninuccia Anna D'Ajutolo, moglie di Mario Jacchia. Sul periodo 1943-1945 a Bologna tenne un diario, del quale alcune pagine sono state pubblicate in L. Bergonzini, La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti, vol. III, Bologna, 1970, pp. 655-659, estremamente interessante non solo per le informazioni che contiene, ma soprattutto per le osservazioni e le note sulle condizioni di vita di quei mesi. Particolarmente significativo, per esempio, questo brano non ancora adeguatamente utilizzato e approfondito dalla storiografia: «Mentre nell'agosto 1943 la città si presentava quasi completamente deserta, con i lunghi portici silenziosi, molti negozi chiusi e l'esodo dalla città alla campagna quasi compiuto (dovuto ai bombardamenti del centro), nell'ottobre 1944 i bombardamenti sono soprattutto alla periferia e nei dintorni. L'esodo delle popolazioni rurali dalle loro case, porta in città innumerevoli carri trainati da buoi, con masserizie. E la guerra con tutti i suoi silenziosi drammi: la gente senza casa, in cerca di un tetto. Le cantine, le chiese, si popolano; i carretti abbandonati sotto i portici costituiscono un pericolo per l'incolumità del viandante nell'oscurità della sera, in cui nessuna luce è permessa per timore delle incursioni aeree. La razzia dei bovini fatta dai tedeschi nelle campagne tra Firenze e Bologna, porta delle interminabili file di buoi per le vie della città — che ne son piene — e proseguono verso il nord, verso il Po. E il cuore si stringe davanti a tanta ricchezza d'Italia che se ne va lasciando la miseria e la fame. Le razzie sono infinite; tutti murano o seppelliscono ciò che più preme salvare, ma troppo spesso le delazioni rendono inutile questo lavoro. I tedeschi hanno delimitato le vie della città con cartelli: 'Sperrzone' e con reticolati e muri». Riconosciuta partigiana nel CUMER dal 15/9/43 alla Liberazione. [A]

D'Ajutolo Ninuccia Anna, da Giovanni e Gilda Vivante; n. il 5/12/1894 a Bologna; ivi residente nel 1943. Diplomata. Casalinga. Moglie di Mario Jacchia, condivise gli ideali e l'azione antifascista del marito, subendo di riflesso le persecuzioni fasciste. Costretta, dopo l'8/9/43, ad abbandonare, con il marito e le figlie, Valeria e Adriana Jacchia, Bologna, perché ricercata e «con una 'taglia' per la nostra cattura», trovò rifugio «sulle montagne del Modenese», cambiando spesso luogo di residenza e generalità. Venne denunciata al Tribunale speciale, dopo la cattura del marito il 3/8/44 a Parma. Costantemente in contatto con il fratello Filippo e la sorella Maria, dei quali favorì l'azione clandestina, fu una delle otto persone a conoscenza del piano per porre al sicuro la dotazione di radium dell'Istituto del Radio di Bologna. Ha pubblicato in: L. Bergonzini, La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti, vol. III, Bologna 1970, pp. 691-703, un prezioso profilo, corredato di notevoli documenti inediti, del marito Mario Jacchia. [A]

Biografie estratte dal Dizionario Biografico online
http://www.comune.bologna.it/iperbole/isrebo/strumenti/strumenti.php
A cura di Alessandro Albertazzi,Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri,Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese, 1919-1945, Bologna, Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea nella provincia di Bologna "Luciano Bergonzini", Istituto per la Storia